È più di un anno che il mondo dell’auto (e non solo) è alle prese con la crisi dei chip. Il collo di bottiglia nell’approvvigionamento dei semiconduttori, un componente essenziale per dare vita all’elettronica delle vetture, sta causando enormi disagi nella produzione e un conseguente impatto sulle vendite.
Tuttavia, questa crisi potrebbe non essere l’unica spiacevole “eredità” della pandemia e del lockdown mondiale del 2020. L’improvvisa ripresa economica in tutto il mondo, infatti, è stata accompagnata da un’impennata nei prezzi di quasi tutte le materie prime, con rincari che, come nel caso del litio, arrivano al 400%.
Il risultato è piuttosto evidente sul mercato immobiliare, con costruttori costretti a ritoccare le offerte verso l’alto per non andare in perdita. Ed è possibile che, nel breve periodo, questa situazione possa colpire la filiera dell’auto.
Per valutare il reale impatto dell’aumento di prezzi delle materie prime, però, bisogna capire com’è fatta un’auto. Chi pensa semplicemente che una vettura sia “solo un pezzo di ferro su ruote” si sbaglia di grosso. Il progresso tecnologico degli ultimi 20 anni ha reso le auto più sicure, più leggere, meno inquinanti, ma anche molto più complesse.
L’obiettivo dei costruttori, infatti, è stato quello di concepire modelli sempre più orientati alle prestazioni, con un occhio alla velocità pura e uno (soprattutto per i segmenti più “popolari”) alle emissioni.
L’acciaio costituisce ancora oltre l’80% del peso dell’auto ed è impiegato per il corpo vettura, telaio, ruote, motore, portiere, cofano e portellone. In media, gli studi di settore calcolano che un’auto compatta a cinque porte sia composta da 900 kg d’acciaio.
Sono sempre di più, però, i modelli fatti in alluminio, un materiale che garantisce praticamente le stesse qualità dell’acciaio pur pesando il 50% in meno. Il suo utilizzo è cresciuto dell’80% negli ultimi anni e, oltre alla scocca, viene utilizzato per tante componenti del blocco motore.
Il magnesio è il 33% più leggero dell’alluminio e viene impiegato a sua volta per determinate parti della carrozzeria o, nei modelli più sportivi, per ridurre il peso dei cerchi in lega e migliorare così la dinamica di guida.
Ci sono poi i materiali composti come le plastiche che sono fondamentali per alcuni pannelli della carrozzeria e per l’abitacolo delle vetture. Costituiscono l’8% del peso dell’auto e hanno come pregi la leggerezza e l’elevata plasmabilità.
Anche grazie alle tecniche di stampa 3D, i progettisti possono sbizzarrirsi nel creare forme sempre più originali. Basta pensare che il loro utilizzo è passato da 6% degli anni ’70 fino a quasi il 20% del 2020.
La lista di materie prime non è finita qui. Anche se in parte minore, sono davvero tanti altri i materiali necessari per assemblare un’auto moderna e alcuni di questi sono rari e costosissimi.
Partendo dai più noti, citiamo fibra di carbonio, titanio e litio. Il primo non è una vera e propria materia prima dato che subisce varie lavorazioni industriali, ma è largamente impiegato nella carrozzeria dei modelli sportivi per la sua elevata resistenza e leggerezza.
Le proprietà di dissipazione del calore del titanio, invece, tornano utili per rendere più resistenti ed efficienti alcune componenti come scarichi, valvole e bielle. Infine, il litio è uno degli ingredienti fondamentali delle batterie delle auto elettriche.
A completare il quadro dei materiali ci pensano il piombo (in alcuni cerchi in lega e nelle batterie), rame e oro (presenti nei circuiti elettrici) e due elementi rarissimi come rodio e palladio. Utilizzati in quantità minuscole, questi ultimi si trovano nei catalizzatori e sono ben più costosi dell’oro.
E la lista potrebbe andare avanti ancora a lungo includendo anche silicio, zinco, nichel, manganese, cobalto...
E arriviamo al nocciolo della questione: i prezzi. Secondo i dati di Trading Economics, e quotazioni delle materie prime, infatti, sono quasi tutte aumentate nell’ultimo anno.
Prima di proseguire nell’analisi, però, occorre una piccola premessa “tecnica”: non riporteremo tutte le quotazioni esatte perché estremamente volatili da un giorno all’altro e perché soggette ad unità di misura differenti. Alcuni prezzi sono calcolati basandosi sul dollaro americano, altri sullo yuan cinese e, a seconda della rarità del materiale, si utilizza la tonnellata o l’oncia.
Sta di fatto che determinati trend sono piuttosto chiari. L’acciaio è aumentato del 19% rispetto allo stesso periodo del 2020 ed ha ora una quotazione stabilmente inferiore rispetto al picco toccato lo scorso settembre.
L’alluminio è ai massimi dal 2011 ed è cresciuto del 36% nell’ultimo anno, mentre il magnesio ha raggiunto il record di sempre lo scorso settembre arrivando a costare quasi quattro volte di più rispetto alla media degli ultimi 8 anni.
Anche oro e rame hanno raggiunto i massimi dal 2011, con il primo che (fortunatamente) è calato del 4% rispetto ad inizio anno e il secondo che, invece, è cresciuto del 24%. Il piombo ha un andamento stabile negli ultimi mesi, ma fa segnare un +28% negli ultimi 365 giorni, mentre il palladio costa il doppio rispetto al 2018 con un prezzo medio superiore ai 2.000 dollari all’oncia.
Il titanio (utilizzato in buona parte anche nell’industria aeronautica rimasta completamente ferma durante la pandemia) è tornato ad aumentare segnando valori record dal 2013. Il rodio è in calo, ma rimane il metallo più caro in assoluto tra quelli impiegati per le auto, con una valutazione costante intorno ai 14.000 dollari all’oncia.
Infine, c’è il caso del litio che rispetto all’ultimo quadrimestre 2020 è cresciuto del 400%.
La stangata dei prezzi è fonte di preoccupazione anche per le autorità nazionali e sovranazionali. Uno spiraglio di cauto ottimismo arriva dalla Bce, la Banca centrale europea, che nell'ultimo Bollettino economico rileva: "Le pressioni sui prezzi rimangono elevate a causa dell’aumento dell’inflazione dei beni alimentari ed energetici, che riflette il rimbalzo dei prezzi dai bassi livelli su cui si collocavano subito dopo l’insorgere della pandemia di coronavirus. I prezzi stanno aumentando anche perché la ripresa della domanda riconducibile alla riapertura dell’economia sta superando l’offerta. Si ritiene che la maggior parte delle pressioni sui prezzi sia di natura temporanea".
Tutto questo come impatterà il mondo dell’auto? È difficile a dirsi. È probabile che, viste le difficoltà di produzione, le Case abbiano adeguato la domanda di materie prime e che le conseguenze siano, quindi, contenute. Nel worst-case scenario, però, l’aumento nei costi di produzione potrebbe tradursi in un prezzo maggiorato per i clienti.
I marchi (come qualsiasi azienda, del resto) non hanno alcuna intenzione di ridurre la redditività dei loro modelli ed è possibile che a costi lievitati corrispondano listini altrettanto più pesanti, sia per le auto elettriche che per quelle a motore termico. Anche perché senza ricavi non potrà proseguire la corsa all’elettrificazione, alla digitalizzazione e nel campo dei dispositivi di sicurezza.
In effetti, i prezzi delle auto sono già sensibilmente cresciuti. Come rilevato dall'analisi dell'Osservatorio Autopromotec, ad ottobre 2021 il prezzo delle vetture nuove è cresciuto del 2,5% rispetto allo stesso periodo 2020 ed è in linea col trend registrato da inizio anno. Tra gennaio e giugno, infatti, i listini hanno continuato a crescere fino al +3,2% per poi calare fino a settembre e riprendere a correre ad ottobre.
Insomma, il progresso tecnologico ha un prezzo, ma l’impressione è che crisi dei chip e i prezzi alle stelle delle materie prime stiano complicando la vita a costruttori e agli automobilisti.
La crisi del mercato dell'auto